Il debito pubblico dell’Italia è diverso da quello del Giappone

Il debito pubblico dell’Italia è diverso da quello del Giappone

A luglio 2018 il debito pubblico italiano si è attestato a 2.341,7 miliardi di euro.

Il debito pubblico, attualmente, in economia è il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti economici nazionali o esteri – quali individui, imprese, banche o Stati esteri – che hanno sottoscritto un credito allo Stato nell’acquisizione di obbligazioni o titoli di stato (in Italia BOT, BTP, CCT, CTZ ealtri) destinati a coprire il fabbisogno monetario di cassa statale, ovvero l’eventuale deficit pubblico cumulato nel bilancio dello Stato, e la copertura degli interessi.

Una quota esigua del nostro debito pubblico è in mano, direttamente, ai piccoli investitori italiani, famiglie e imprese soprattutto, mentre circa un terzo è in quelle straniere. Banche, fondi e assicurazioni italiane italiane detengono invece circa il 50% del debito.

Una quota di titoli di Stato in mano alla Banca d’Italia, direttamente o attraverso la Banca Centrale Europea è passata dal 5% del 2014 al 16% attuale.

Ammontano a oltre 340 miliardi di euro i titoli di Stato dell’Italia detenuti dalla Banca centrale europea, accumulati tramite il programma di acquisti (Pspp) lanciato dal 2015.
La quota di debito in mano agli istituti di credito italiani nel 2018 è di circa il 27% del totale, pari a 612 miliardi di euro.

Banche e assicurazioni, italiane e straniere, detengono un debito poco inferiore ai 400 miliardi di euro.

il Gruppo Poste Italiane, che tra investimenti e riserve ha in pancia oltre 121 miliardi di titoli, seguita da Generali, che al 30 settembre 2017 ne aveva oltre 63 miliardi , e Unicredit, che a fine marzo vantava 47,2 miliardi di titoli.

Il maggiore investitore straniero è invece la tedesca Allianz SE grazie a 24,8 miliardi, seguita dalla francese Axa Sa con 22,7 miliardi.

E’ costato allo Stato Italiano oltre 65 miliardi di interessi versati ai possessori di titoli nel solo 2017.

Meno degli 84 miliardi pagati nel 2012 (record dal 2010 ad oggi) e meno anche dei 66,4 del 2016 ma non c’è da stare allegri ugualmente.

Per dare un’idea della cifra di cui stiamo parlando basti dire che per finanziare la scuola lo Stato italiano spende ogni anno più o meno la stessa cifra: cioè 65 miliardi.

Il debito pubblico dell’Italia è diverso da quello del Giappone

Il debito pubblico giapponese,pari a circa 8mila miliardi di euro, il più alto a livello mondiale, il Giappone   non ha subito le stesse tensioni speculative sui mercati finanziari vissute da altre parti, come come in Italia e in Grecia.

Circa il 90% del debito pubblico giapponese è detenuto da soggetti residenti: banca centrale (43%); banche (19%) assicurazioni e fondi pensione (20%) e dal Fondo pensionistico nazionale (8%), risparmiatori (1%).

Dal 2001, il Giappone mantiene la famosa “AAA”, il miglior giudizio possibile emesso dalle agenzie di rating.

Il giappone è terza economia al mondo, il cui Pil del 2017 è cresciuto dell’1,4% al record di 546mila miliardi di yen,Inflazione allo 0,7%, con una disoccupazione del 2,8%, popolazione totale 126.740.000, popolazione lavorativa 65.450.000.

I tassi di interesse sui titoli di stato giapponesi sono infatti tra i più bassi del mondo. Ad una scadenza di 10 anni, un titolo di stato giapponese rende lo 0,035%, meno del Bund tedesco (0,386%) considerato il “safe haven” per eccellenza.

Nel saggio Takashi Oshio ha siegato alcuni dei potenziali punti di svolta nelle tendenze strutturali con cui i politici giapponesi dovranno fare i conti.

I risparmi interni che hanno aiutato a finanziare gli acquisti di obbligazioni continueranno a diminuire con l’invecchiamento della popolazione giapponese: gli anziani rappresentano una percentuale elevata e crescente della popolazione e guadagnano e risparmiano meno, ciò comportearà che i titolari del debitosarà straniero, non giapponese.

“Se il debito pubblico continua a salire a un ritmo più veloce delle attività finanziarie nette delle famiglie”, spiega Oshio, “diventerà più difficile assorbire obbligazioni governative di nuova emissione sul mercato”. E questo “potrebbe innescare un aumento punitivo del tasso di interesse, che potrebbeminacciare immediatamente la sostenibilità del debito”.

Se i tassi d’interesse salissero, la Banca del Giappone potrebbe liberare il governo con l’acquisto di grandi quantità di titoli di stato, anche se ciò causerebbe un’elevata inflazione e ridurrebbe il valore reale del debito. L’inflazione elevata sarebbe molto dirompente ed è esattamente ciò che la Banca del Giappone ha l’obbligo di evitare.

Masahiko Takeda ci ricorda che ci sono solo quattro modi per ridurre l’elevato debito pubblico giapponese. L’alta inflazione è unidirezionale, e questo eviterebbe il secondo modo: il default del governo sul suo debito. Le altre due strategie di riduzione del debito – perché il Giappone si stia estendendo
con un’alta crescita economica o gestendo eccedenze di bilancio primarie spendendo meno delle tasse – sarebbero le migliori ma sono le più difficili da raggiungere.

Oshio raccomanda la soluzione più ovvia: ridurre gradualmente il debito con una strategia più aggressiva ma prudenziale di consolidamento fiscale che contiene la spesa pubblica, espande la partecipazione alla forza lavoro e aumenta i contributi fiscali e di sicurezza sociale.  Avrebbe dovuto iniziare almeno un decennio fa, ma non è troppo tardi.

Queste misure non saranno facili politicamente. Gli aumenti delle tasse sono difficili ovunque e la grande popolazione anziana in Giappone sviluppa una forte resistenza alla riduzione della spesa per la sicurezza sociale. Ma il tempo sta per scadere mentre diminuiscono i risparmi delle famiglie con il rischio che vedono l’economia globale al ribasso, con Stati Uniti e Cina che si stanno bloccando in una guerra commerciale che sarà difficile da superare.

Il debito pubblico giapponese è sostenibile solo fino a quando il mercato ci crede. Per mantenere tale fiducia, la traiettoria di quel debito deve essere invertita.

Secondo l’Istituto di ricerca economica e sociale del Cabinet Office giapponese, il Prodotto Interno Lordo (PIL) nei tre mesi ha registrato un aumento del 3% a livello tendenziale superando la stima preliminare che era per una crescita dell’1,9%. Le attese degli analisti erano per una espansione del 2,6%.

Articoli Correlati

Aumento dello spread e effetti sui mutui alle famiglie e imprese
Keynes-In un periodo di crisi la priorità è la crescita e l’occupazione

1 commento

Trackbacks & Pingbacks

  1. […] Il debito pubblico dell’Italia è diverso da quello del Giappone […]

I commenti sono chiusi.