Il mito di Filottete – Non c’è vittoria se si lascia indietro qualcuno

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Non c’è vittoria se si lascia indietro qualcuno

La ferita, l’arco e la dimenticanza dell’umana.

Il mito di Filottete, protagonista della tragedia di Sofocle.

Filottete, abilissimo arciere, in possesso oltretutto dell’arco invincibile di Eracle, si era imbarcato con l’esercito acheo per la guerra di Troia ma, durante una sosta, venne morso al piede da un serpente.

Il fetore che emanava dalla ferita e i suoi lamenti erano insopportabili per i commilitoni che, con un inganno, prima di proseguire lo abbandonarono nell’isola deserta di Lemno.

Sono passati ben dieci anni dal giorno fatale del morso del serpente.

La ferita non accenna a guarire, Filottete vive in una caverna arraggiandosi per sopravvivere e rimuginando sui torti subiti.

E intanto, altrove, Troia non accenna a cadere, i principali eroi (Achille e Aiace) sono morti, ed ecco che un indovino sentenzia che per vincere la guerra sono indispensabili l’arco di Filottete e Neottolemo, il giovanissimo figlio di Achille.

Lo scaltro Ulisse va a prendere Neottolemo, si reca con lui nell’isola di Lemno ed escogita le più perfide menzogne per ingannare di nuovo Filottete, allo scopo di derubargli l’arco o di trascinarlo a forza nella nave. Filottete, giustamente “ossessionato dal risentimento”, non avrebbe certo collaborato spontaneamente.

Ovviamente il compito spetta a Neottolemo, il quale però si rifiuta di ingannare l’eroe ferito. Ostinato, non si lascia persuadere da Ulisse e decide di parlare schiettamente con Filottete.  Questi, alla fine, accetta di “perdonare” la sua gente e si offre di aiutarla.

L’umana pietà e il senso di giustizia di Neottolemo si rivelano vincenti: veniamo a sapere infatti che l’arco di Filottete, da solo, non sarebbe servito a niente: soltanto l’eroe designato da Eracle, Filottete appunto, poteva scoccarvi le frecce.

I tre salpano alla fine per Troia e grazie a Filottete la guerra viene vinta.

Insomma, l’eroe ferito viene emarginato, perché le ferite hanno cattivo odore e i suoi lamenti turbano le orecchie; ma, alla fine, è proprio lui che conduce alla vittoria.

Non c’è vittoria se si lascia indietro qualcuno.

Ed è grazie a Neottolemo che Filottete riesce a “perdonare”, ad accettare di rientrare nel gruppo che lo aveva escluso e ingannato.

L’inconsueto lieto fine del Filottete di Sofocle è dovuto dunque al comportamento di una figura sui generis nella tragedia attica: Neottolemo, la cui umanità impedisce di perpetuare l’emarginazione e il disprezzo riservati a Filottete.