Afghanistan, i Talebani fermano l’unica radio gestita da donne

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Afghanistan, i Talebani fermano l’unica radio gestita da donne

Martedì 4 febbraio, i talebani hanno sospeso le operazioni dell’unica stazione radio femminile dell’Afghanistan, Radio Begum, dopo aver fatto irruzione nei suoi locali a Kabul. Questo atto segna un ulteriore passo nella sistematica esclusione delle donne dalla vita pubblica e sociale, iniziata con il ritorno al potere del gruppo nel 2021.

Afghanistan, i Talebani fermano l’unica radio gestita da donne

Radio Begum, un’emittente gestita da donne e dedicata all’istruzione femminile, ha riferito che agenti del ministero dell’Informazione e della Cultura talebano hanno trattenuto il personale della stazione durante la perquisizione dei suoi locali. Durante l’irruzione, i funzionari hanno sequestrato computer, dischi rigidi, documenti e telefoni appartenenti alle giornaliste e agli altri dipendenti dell’emittente. Due membri dello staff, entrambi uomini e senza incarichi dirigenziali, sono stati presi in custodia.

In una dichiarazione ufficiale, il ministero ha confermato la sospensione della radio, motivandola con presunte violazioni della “politica di trasmissione” e un presunto “uso improprio della licenza della stazione”. Tra le accuse figurerebbe la fornitura non autorizzata di contenuti e programmi a un canale televisivo straniero. Tuttavia, il ministero non ha specificato quale fosse l’emittente coinvolta e ha dichiarato che il destino di Radio Begum sarà determinato “a tempo debito”.

Questa decisione ha suscitato un’ondata di indignazione tra gli attivisti per i diritti umani e le organizzazioni internazionali, che denunciano la crescente repressione nei confronti delle donne in Afghanistan. Da quando hanno ripreso il controllo del paese, i talebani hanno introdotto una serie di restrizioni che hanno progressivamente eliminato la presenza femminile in ambito educativo, lavorativo e mediatico. Il divieto per le donne di lavorare in organizzazioni non governative, l’esclusione dalle università e la chiusura di spazi dedicati all’istruzione femminile sono solo alcuni esempi di questa deriva repressiva.

Radio Begum rappresentava un’importante voce di speranza per molte donne afgane, offrendo programmi educativi e culturali mirati a un pubblico femminile sempre più isolato. La sua chiusura non solo priva le donne afgane di una risorsa fondamentale per la loro formazione e informazione, ma manda anche un messaggio chiaro sulla volontà del regime di soffocare ogni tentativo di emancipazione femminile.

La comunità internazionale ha reagito con preoccupazione. Organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno condannato la sospensione dell’emittente, definendola un’ulteriore prova delle politiche oppressive dei talebani nei confronti delle donne. Anche l’UNESCO ha espresso il proprio disappunto, sottolineando l’importanza del pluralismo mediatico e della libertà di stampa in Afghanistan.

Alcuni giornalisti afgani, pur parlando sotto anonimato per timore di ritorsioni, hanno dichiarato che la repressione contro i media indipendenti sta raggiungendo livelli allarmanti. La chiusura di Radio Begum si inserisce in un contesto più ampio di censura e controllo sui mezzi di comunicazione, che sta progressivamente riducendo al silenzio le voci critiche del regime.

Le ex collaboratrici della stazione radio si sono dette determinate a continuare la loro missione in altre forme, cercando nuovi canali per diffondere messaggi di speranza e istruzione. Tuttavia, la mancanza di libertà di espressione e il clima di paura rendono sempre più difficile il lavoro dei giornalisti e degli attivisti nel paese.

Nel frattempo, la popolazione afgana, in particolare le donne, continua a subire le conseguenze delle politiche talebane. La chiusura di Radio Begum è solo l’ennesimo tassello di una strategia più ampia volta a cancellare ogni forma di resistenza femminile e di pensiero indipendente.

La questione della libertà di stampa e dei diritti delle donne in Afghanistan rimane una delle principali preoccupazioni della comunità internazionale. Tuttavia, senza un’azione concreta e coordinata, il rischio è che episodi come quello di Radio Begum diventino la norma piuttosto che l’eccezione.

Mentre il mondo osserva, molte giornaliste e attiviste afgane continuano a lottare, spesso a rischio della propria vita, per mantenere viva la speranza di un futuro in cui la voce delle donne non venga più ridotta al silenzio.

Tre libri in italiano che affrontano il tema della censura, della libertà di stampa e della repressione dei diritti delle donne:

  1. “Il libraio di Kabul” – Åsne Seierstad
    Un reportage narrativo che racconta la vita quotidiana in Afghanistan attraverso la storia di un libraio e della sua famiglia, esplorando le restrizioni imposte soprattutto alle donne.
  2. “Leggere Lolita a Teheran” – Azar Nafisi
    Un memoir che descrive la lotta di un gruppo di donne iraniane per mantenere viva la libertà di pensiero e di espressione in un regime oppressivo.
  3. “Mezzanotte a Kabul” – Gino Strada
    Un resoconto toccante che racconta la realtà dell’Afghanistan attraverso gli occhi di un medico impegnato nel fornire cure alle vittime della guerra e dell’oppressione.
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