La falsa sostenibilità: inganno che aggrava le disuguaglianze globali

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La falsa sostenibilità: inganno che aggrava le disuguaglianze globali

La falsa sostenibilità ha reso il mondo più ingiusto

Negli ultimi decenni, la sostenibilità è diventata il mantra delle economie avanzate. Politici, multinazionali e persino istituzioni finanziarie si sono appropriati del concetto di “green economy” per dipingere il progresso come una marcia trionfale verso un futuro più giusto ed equilibrato. Tuttavia, una critica lucida e impietosa rivela che, dietro la facciata delle energie rinnovabili, dell’economia circolare e della finanza sostenibile, si cela un modello di sviluppo che ha finito per aumentare le disuguaglianze e peggiorare gli squilibri globali.

La falsa sostenibilità: inganno che aggrava le disuguaglianze globali

L’inganno del progresso green

L’illusione più pericolosa della sostenibilità mainstream è che l’aumento costante della ricchezza globale porti automaticamente benessere per tutti. Questo principio, uno dei pilastri dell’economia contemporanea, si è rivelato fallace. Il mito della crescita perpetua continua a essere il motore di politiche economiche che non affrontano le vere radici della crisi ambientale e sociale.

Le grandi multinazionali, che si presentano come pionieri della sostenibilità, spesso nascondono dietro le loro operazioni green una realtà fatta di sfruttamento e diseguaglianze. Prendiamo il caso dell’industria delle batterie al litio, essenziale per la transizione verso l’elettrico. Le automobili e gli smartphone “sostenibili” dell’Occidente dipendono da miniere in Congo e Sud America, dove i lavoratori, spesso minorenni, operano in condizioni disumane. Così, mentre le élite globali celebrano la rivoluzione verde, milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo ne pagano il prezzo.

La guerra economica e l’illusione della crescita protezionistica

Un altro esempio di falsa sostenibilità è il ritorno del protezionismo, presentato come una soluzione per rendere le economie nazionali più resilienti. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, rieletto recentemente, ha promosso dazi che dovrebbero rendere gli americani più ricchi e meno dipendenti dalla Cina, secondo una sua visione. In realtà, questa politica ha avuto già un effetto opposto, le borse hanno reagito negativamente: ha innescato una guerra economica globale, con l’aumento dei prezzi dei beni di consumo e l’indebolimento di settori chiave dell’industria statunitense.

Il protezionismo è un’illusione, così come l’idea che si possa affrontare la crisi climatica negandola. Trump ha ritirato gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi, sostenendo che la transizione ecologica avrebbe penalizzato l’economia nazionale. Tuttavia, negare la crisi climatica non l’ha certo fermata. Oggi gli USA affrontano uragani più distruttivi, incendi senza precedenti e siccità devastanti, che hanno costi ben più alti della transizione energetica.

Le contraddizioni della crescita verde

Le politiche di sostenibilità promosse dalle grandi economie si fondano su contraddizioni insormontabili. L’Unione Europea, ad esempio, punta alla neutralità climatica entro il 2050, ma continua a sostenere modelli di consumo insostenibili. I Paesi occidentali esportano il loro inquinamento nei Paesi in via di sviluppo, dove vengono smaltiti rifiuti elettronici e prodotti a basso costo che, dopo un breve ciclo di vita, diventano scarti tossici.

Un altro paradosso è il concetto stesso di “crescita verde”. Come può un sistema economico basato sull’espansione continua essere veramente sostenibile? La crescita del PIL è ancora oggi il principale indicatore del benessere economico, ma non tiene conto dei danni ambientali e sociali che essa comporta. L’idea che si possa conciliare la crescita infinita con la tutela del pianeta è una contraddizione evidente, eppure è la narrativa dominante.

Esiste un’alternativa?

Se la falsa sostenibilità ha fallito, quali sono le alternative? Una vera sostenibilità non può basarsi su una semplice riconversione delle tecnologie, ma deve ripensare radicalmente i modelli di produzione e consumo.

Un primo passo potrebbe essere il superamento del PIL come unico indicatore del progresso, sostituendolo con parametri che misurino il benessere reale delle persone e la qualità dell’ambiente. Paesi come il Bhutan hanno già introdotto l’Indice della Felicità Interna Lorda, mentre in Nuova Zelanda il governo ha varato un budget basato sul benessere, piuttosto che sulla crescita economica fine a se stessa.

Un’altra strada è l’economia circolare, ma non nella versione edulcorata delle multinazionali. Il vero obiettivo deve essere la riduzione drastica dell’uso delle risorse, piuttosto che il semplice riciclo. Ciò significa investire in modelli di produzione a basso impatto, ridurre i consumi superflui e incentivare la riparazione e la longevità dei prodotti.

Infine, la transizione energetica non può avvenire senza giustizia sociale. Non basta costruire impianti fotovoltaici e parchi eolici: bisogna garantire che le comunità locali abbiano il controllo sulle loro risorse e che il costo della transizione non ricada solo sulle fasce più deboli della popolazione.

Conclusione: una scelta tra realtà e propaganda

La sostenibilità è un concetto fondamentale per il futuro del pianeta, ma il modo in cui viene applicato oggi è profondamente ipocrita. Finché le politiche ambientali continueranno a essere uno strumento di marketing piuttosto che un cambiamento strutturale, il mondo diventerà sempre più ingiusto. La scelta è tra continuare a credere nella retorica del progresso green o affrontare la realtà con lucidità, cercando modelli di sviluppo veramente equi e sostenibili.

La falsa sostenibilità: inganno che aggrava le disuguaglianze globali

Tre libri che affrontano il tema della falsa sostenibilità, della crescita insostenibile e delle disuguaglianze globali:

  1. “Il mito infranto. Perché l’idea di progresso ha fallito”Antonio Galdo
    • Analizza come l’idea di progresso infinito abbia portato a un mondo più squilibrato, inquinato e ingiusto. Smonta il mito della crescita economica continua e propone una riflessione su nuovi modelli di sviluppo.
  2. “Il cigno verde. Come la finanza e il capitalismo possono affrontare la sfida del cambiamento climatico”John Elkington
    • L’autore, tra i primi a teorizzare la sostenibilità nel business, mostra come molte strategie green siano solo propaganda e invita a ripensare l’economia in modo realmente rigenerativo e inclusivo.
  3. “Prosperità senza crescita”Tim Jackson
    • Un testo fondamentale per chi mette in discussione il dogma della crescita economica. Jackson dimostra come il PIL non sia un indicatore adeguato di benessere e propone un modello alternativo basato su sostenibilità ed equità.

Questi libri offrono prospettive diverse ma complementari sulla crisi del modello attuale.

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